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La quinta leva del marketing
di Gianandrea Bittanti

Sentiment, tra passato e futuro. Prossimo e venturo. Sventura per alcuni. Sentiment interpretato come specchio di una società il cui riflesso si perde tra le radici antropologiche della natura umana. Come pile alcaline, la società si polarizza, conformando le aspettative e confermando incertezze e paure, i dubbi e perplessità, le gioie e le voluttuosità. Ma come atomi in movimento, e al di là del cluster name in cui stati classificati, stabili positivi e stabili negativi, si muovono, ridisegnando la struttura portante di una società, quella italiana, che tende a livellarsi verso il mezzo, e nel mezzo, verso il basso.

In una memorabile conferenza tenutasi presso il Circolo della Stampa Lunedì 17 Marzo 2003, Enrico Finzi ha tracciato le coordinate degli umori del popolo italiano e dei possibili malumori che visioni negative circa quello che verrà, potranno generare sui consumi. Sentiment quindi come percezione, come traslazione di uno mondo interiore verso l'universo esteriore; fonte e ponte tra emozioni che nascono in quel territorio sconfinato quale la mente umana, spesso condizionata e spesso condizionante. Una regione bombardata giornalmente da milioni di messaggi: la guerra, la crisi della FIAT, il caro satellite, le tasse da pagare che non diminuiscono, i redditi sempre più esigui, la sconfitta della squadra del cuore. Ed il cuore, già fragile, non regge più: da una media vicina al 63%, il sentiment degli stabili positivi crolla al 43%. Il 31,7% di chi stava nel mezzo, e nel mezzo vedeva le cose con apparente positività, pare quindi essersi convertito al pessimismo.

Una larga fetta di italiani che a domande del tipo "Come vede il prossimo anno per sé e la sua famiglia?" decideva di non schierarsi apertamente né verso chi affrontava la vita col sorriso sulle labbra (gli ottimisti), né con chi vedeva la vita come un pesante fardello (i pessimisti) - ma che nel complesso si poteva definire sostanzialmente fiduciosa verso il futuro, sembra ora aver volto lo sguardo verso un preoccupante senso di sfiducia. Come in politica (almeno in quella italiana), dove il prevalente concetto di centro diventa centrico per concludersi il più delle volte in un centrino di schieramenti le cui maglie si avvicinano e si allontanano per tessere nuove trame, in economia, il mutare di sensazioni delle persone si riflette prevalentemente negli stili di consumo: si posticipano le spese [Ricerca Valdani & Vicari del 10.10.02], si afferma l'idea di un prezzo perennemente ingiusto [Ricerca Valdani & Vicari del 10.10.02], e si modificano più o meno coscientemente i propri comportamenti di acquisto.

E le aziende, ovviamente, ne risentono. Queste ultime, che commissionano ricerche di mercato per comprendere the consumer mood, scoprono sempre più spesso che i clienti (attuali e potenziali) sono in una bad moon. Sondare il presente per comprendere il futuro [J. Scott Armstrong, Wharton School, University of Pennsylvania] attualmente e almeno nel mercato italiano, sembra portare ad una risposta che tende quasi a senso unico. Eppure, al di là di quanto rilevato, e al di là dell'influenza negativa di significativi macro avvenimenti e situazioni congiunturali, la soluzione, neanche a dirsi, si nasconde probabilmente là dove nasce il problema. E forse anche un po' più in basso. In quei non-luoghi quale la mente ed il cuore, fonti generatrici di passione e capacità di visioning e pro-attività opponendosi alla semplice re-attività. Determinare gli eventi più che reagire ad essi. O ancora peggio subirli passivamente e con negatività. E' questo che realmente forse manca a coloro che nei sondaggi rispondono sempre con lamentevoli e negative risposte e che neanche le più mirate e divertenti campagne pubblicitarie potrebbero guarire, o modificare. Almeno finché il consumatore, guardandosi allo specchio, non si scopra uomo. E dietro di esso, il processo psicosomatico che ne determina gioie e dolori. Un processo ben lontano dal modello di Biscardi fatto di parole, attacchi e scontri, perchè sostanzialmente caratterizzato da incontri. Con la propria personalità ed il modo di concepire la vita, i rapporti con gli avvenimenti, le cose e le persone in primo luogo.

Positività fa quindi rima con serenità (il concetto base con cui affrontare anche gli appuntamenti più importanti) e con probabilità, base della statistica. Ottimismo quindi non è un eufemismo. Per essere campioni e non semplicemente campioni statistici occorre quindi una equilibrata visione ottimistica della vita. Un'impostazione fondata su un senso di vibrante e dinamica pace interiore che dovrebbe essere bilanciatamente determinato sulla base degli eventi e di un'indipendente self-confidence. Gestire il proprio lavoro e le proprie relazioni personali, fare leva sulla propria tenacia e la propria forza di volontà, non farsi condizionare da buoni o cattivi giudizi espressi da terzi [Guido Peeters, Katholieke Universiteit Leuven, Department of Psychology ] , devono essere quindi i punti di una direttrice posizionata all'interno di un quadro cognitivo più ampio, che fonda le proprie basi su un terreno reso fertile dalla positività e dall'ottimismo.

Dogmaticamente, si dovrebbe essere ottimisti se le cose vanno bene e pessimisti quando le cose tendono al peggio. In realtà è proprio qui l'errore, a dispetto delle molte ricerche effettuate in materia [ Dember, Martin, Hummer, Howe, & Melton, 1989; Kulik & Mahler, 1987; Weinstein, 1980, Scheier & Carver, 1985; 1987; Staats, 1989 ]: l'ottimismo dovrebbe essere un elemento portante perennemente presente, il key ingredient per la realizzazione di circoli virtuosi in grado di allontanare negatività e depressione, di generare nuovi stimoli e obiettivi da raggiungere, di migliorare la qualità della propria esistenza ( e delle persone che ci circondano). In generale, il fattore chiave per determinare una sana passione per la vita.

Equilibrato ottimismo, quindi, interpretabile come quinta leva di marketing per le imprese. E come prima leva per l'uomo. Ottimismo come antidoto al veleno di una vita demotivata e demotivante, statica e stagnate. Enrico Finzi, ci ha raccontato tutto ciò, tra dati statistici, aneddoti, battute e ricerche di mercato. Ovviamente, col sorriso sulle labbra.

Gianandrea Bittanti

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Blueberrypie è una associazione studentesca nata all'interno dell'Università Bocconi, che ha come obiettivo lo scambio di conoscenze e lo sviluppo di competenze in materia di economia, Information Technology e comunicazione.


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